Intervista a Stefano Rossini all’Alexander Platz

Intervista

Cosa presenterai Sabato 16 Marzo all'Alexanderplatz?
Presento il mio progetto attivo da molti anni, circa 20, intitolato Batuque Percussion che è nato come un 

progetto solo per strumenti a percussione dedicato al panorama ritmico percussivo Afrobrasiliano negli anni si è trasformato in un progetto sempre originale ma si avvale del contributo non solo di strumenti a percussione ma anche di altri strumenti e del contributo dei musicisti che fanno parte dell’area jazz. Per cui è diventato un progetto di Afrobrasilian jazz. 

Il progetto si chiama così in omaggio a un'antica danza, realizzata con strumenti di percussione, originaria africana che si chiamava Batuque, da cui è nata, attraverso gli anni, la parola samba. Questo perché questa danza si svolgeva in circolo e gli occupanti di questo circolo si scambiavano di posto quando si toccavano l'ombelico. Ombelico in portoghese si dice umbigo (da cui umbigada) e in dialetto yoruba è semba, da cui poi deriva samba. 

Questo progetto, inizialmente nato con soli strumenti di percussione, negli anni si è evoluto in progetto strumentale e ora vede anche la partecipazione di musicisti, colleghi e appassionati, che gravitano nell'area jazz.
Abbiamo già realizzato due cd e presenteremo dei brani dal terzo, attualmente in lavorazione. 

Brooklyn High

Quali sono state le fasi salienti della tua carriera? 

Le fasi salienti della mia carriera sono state senz'altro un lavoro che feci in Sudamerica con la cantante Ornella Vanoni il cui produttore era Sergio Bardotti. Sergio mi vide suonare nel locale Manuia di Trastevere e chiese subito il mio numero al proprietario. Ricordo l'emozione quando mi telefonò per un tour in Sudamerica con la Vanoni. Fu occasione per recarmi sui luoghi di quella musica, ricordo soprattutto in Argentina, un mese, con concerti al Teatro Colon di Buenos Aires. È stata un'esperienza importante che ho ripetuto anni dopo in Brasile sempre segnalato da Bardotti, per un mini tour con un gemellaggio con Toquinho. Fu straordinario suonare con lui in Brasile al Canecao, una sorta di tempio storico dove suonarono i più grandi, oppure al Ceasar Palace a S.Paolo. Con Bardotti ho avuto una grande amicizia, eravamo entrambi legati alla musica brasiliana. Poi, un'altra esperienza è stato l'aver fatto parte per 12 anni del Samba Jazz Trio del chitarrista brasiliano Irio de Paula, con il quale ho condiviso oltre che tantissima musica, anche molti viaggi e racconti di Irio. Io impazzivo di gioia perché amo molto ascoltare. Tutto ciò che mi ha raccontato e ciò che abbiamo condiviso è stata una grande scuola. Ho avuto l'impressione di capire ciò che mi raccontava mentre stavamo suonando, quindi ho capito che la musica è davvero un linguaggio, un linguaggio di suoni. 

Poi ho partecipato alla direzione e all'organizzazione del festival “Itinerario Brasile”, che ha visto la partecipazione di grandissimi musicisti brasiliani che ho potuto conoscere e frequentare da vicino Milton Nascimento, Ivan Lins, Joao Bosco, Guinga, Hamilton de Hollanda, Joao Donato, Toninho Horta. Con Joao Donato ebbi la fortuna di suonare a Roma: lui è un'icona della musica brasiliana, assieme 

a Joao Gilberto ne rappresentano i due grandi vecchi maestri.
Devo ringraziare Giampiero Rubei che organizzò questa rassegna estiva alla Casa del Jazz. Conoscevo molto bene i musicisti del suo trio con cui avrei suonato quale ospite: Robertinho Silva alla batteria e Luis Alves al contrabbasso. Ho un ricordo straordinario di quel concerto. 

Monica

Puoi raccontarci qualche aneddoto di quelle esperienze? 

Verso la fine dei brani che suonavamo insieme, siccome non avevamo avuto molta possibilità di provare, Joao ci guardava e ci diceva “agua”, quello era il segnale che eravamo alla fine del brano. Questo mi faceva ridere molto.
Joao poneva il suo talento straordinario in maniera molto semplice, questo l'ho sempre apprezzato molto. 

Bananeira

Quali sono stati gli incontri fondamentali del tuo percorso?
Gli incontri fondamentali sono stati senz'altro con Irio de Paula, 12 anni di collaborazione importantissima, con un grandissimo chitarrista, forse il primo a trasferirsi dal Brasile in Italia;
con il percussionista Luis Agudo che ha vissuto e vive tuttora da tantissimi anni in Italia e a Roma e con cui ho un rapporto più che fraterno: grazie a Luis, alla sua arte, ho potuto imparare e appropriarmi , in un certo senso, della sua conoscenza, aveva un grande carisma e allo stesso tempo una profonda dolcezza; con il chitarrista Toninho Horta, con Ivan Lins, Joao Donato e Guinga, con cui ho suonato insieme. Per me è stato molto importante lavorare per quasi 10 anni con il grande Renato Carosone, che mi ha insegnato tantissimo e che non finirò mai di ringraziare. Era un grandissimo musicista, un grande artista- musicista: curava in maniera maniacale i dettagli, è stata un'esperienza straordinaria. Era il primo ad arrivare e l'ultimo ad andare via a ogni sessione di prove. Curava ogni concerto con grande attenzione. Devo ringraziarlo perché mi ha dato sempre tanto spazio, tanti assoli, tanti interventi. 

Video Clip

Una figura chiave di quel periodo fu Gianni Amico, che ricordi hai di lui? 

Certamente, una persona straordinaria, che non ho potuto conoscere molto, ma che ha avuto molta importanza nella diffusione della musica brasiliana. 

Gianni amico

Mi avevi accennato anche a un progetto parallelo con Chet Baker, era sempre collegato alla musica brasiliana?
Sì, perché Jim Porto, il pianista fisso del Manuia col quale suonavo spesso, realizzò il suo primo disco al quale parteciparono molti musicisti dell'area romana, come Roberto Gatto per esempio. Ho avuto la fortuna di entrare in quella produzione, realizzando le tracce di percussioni. E in quel disco ci fu la partecipazione di Chet Baker che suonò in alcuni brani. 

Jim Porto with Chet Baker

Che ricordo hai di Chet Baker? 

Un personaggio straordinario, di una musicalità infinita e assolutamente di peso. Molto gentile, molto tranquillo. Era una persona in grado con uno sguardo di annunciare ciò che avrebbe fatto. Questa è una caratteristica dei grandi musicisti. La cosa straordinaria è che tu, nell'ascolto, rimanevi preso, ti riusciva a catturare e ti portava nella sua anima. 

A quali artisti ti ispiri? 

M’ispiro a tutti gli artisti sopracitati che sono stati senz’altro i miei veri Maestri, ma soprattutto mi ispiro alle Scuole di Samba in Brasile che sono assolutamente la mia fonte di ispirazione più importante, sopratutto per la loro ricchezza ritmica e percussiva. 

Montequebrado

Quali sono i punti di contatto tra jazz e musica brasiliana? 

Bella domanda. Il jazz per me è un modo di interpretare ed eseguire la musica un linguaggio specifico, un linguaggio interpretativo, ma sono appassionato ancora di più del Brasil-jazz, che è la stessa cosa ma dentro strutture ritmiche che bisogna conoscere molto profondamente per poter suonare. 

Choro Orchestra Foggia

In particolare, lo choro? 

Beh, diciamo, che lo choro è una parte del linguaggio brasiliano, della cultura musicale brasiliana. Certo, è importante, deriva anche da una fusione di danze di origine europea, è sicuramente una delle forme più assimilabili al jazz. Questo perché nella sua enunciazione dei temi può portare anche all'improvvisazione, ma sempre su strutture ritmiche. Forse, per questo non ha ancora molto presa, perché per comprenderne la parte ritmica bisogna conoscere bene i ritmi di matrice africana. Questo perché lo choro, come il samba, deriva da ritmi di origine africana, basti pensare al patrimonio stroardinario di musica ritmica brasiliana: sono stati classificati più di 400 tipi di ritmi provenienti dalla cultura africana in Brasile! Non credo ci sia altrettanta ricchezza culturale a livello musicale altrove. 

It's Just Talk

Colpisce come anche nella rivoluzione tropicalista dei cantautori, comunque il ritmo fosse uno dei pilastri programmatici, anche nei testi.
Assolutamente sì. Mi viene in mente, ancor prima, un brano del '59, portato alla luce da Jackson do Pandeiro, che si chiamava Chiclete com Banana, il cui autore era un certo Gordurinha, ed era una prima combinazione per mescolare il be bop col samba e Miami con Copacabana, come dice il testo. Quindi, masticare inseme la chiclete (una gomma da masticare) con la banana. 

Uno dei primi brani che ha combinato Brasile e America. 

Jackson do Pandeiro

Qual è il tuo rapporto con l'Alexander Platz? 

Un rapporto straordinario da tantissimi anni che avevo prima di tutto grazie alla stima e all'amicizia con Giampiero Rubei, il papà di Eugenio; in un certo senso sono figlio delle produzioni di Giampiero dapprima e poi di Eugenio, che hanno creduto fin dai primissimi anni ai miei progetti e mi hanno sempre chiamato nei loro cartelloni fin dai primissimi anni del Festival di Villa Celimontana dove ho partecipato a 14 edizioni e così alla Casa del Jazz quando Giampiero diventò Direttore e nelle programmazioni invernali dell’Alexanderplatz Jazz Club. Sono stato uno dei primi a venire qui con miei progetti o assieme ad altri come il chitarrista Gianluca Persichetti. Giampiero ha sempre creduto nei miei progetti e quindi ho sempre tenuto a ricambiare la sua fiducia. 

Trenzinho do Caipira

Quali sono i tuoi progetti futuri? 

Progetti futuri: sicuramente lunga vita a Batuque Percussion in cui credo da tantissimi anni e che sempre si rinnova e si aggiorna dentro del panorama Afrosamba. Sto iniziando a realizzare il terzo CD di cui presenteremo alcuni brani in esclusiva proprio sabato prossimo qui all’Alexanderplatz con ospiti illustri tra cui parteciperà un grandissimo fisarmonicista jazzista italiano che è Natalino Marchetti, un musicista davvero straordinario. 

Vi aspettiamo Sabato 16 Marzo all'Alexanderplatz! Ringrazio i miei collaboratori: 

Stefano Rossini percussioni e direzione
Judy Puccinelli voce e percussioni
Alberto D'Alfonso sax e flauto
Francesco Pingitore chitarra
Danilo Visco basso
Ippolito Pingitore batteria e percussioni
Francesca Mancini percussioni

Special guest: Natalino Marchetti fisarmonica